L’area del Padule di Fucecchio è un’ampia zona pianeggiante situata tra le province di Pistoia e Firenze ed occupa parte dei comuni di Monsummano, Larciano, Fucecchio, Cerreto Guidi e Ponte Buggianese. Oggi, con i suoi 1800 ettari di pianeggianti delineati da canali, campi, boschi e pioppaie, il Padule rappresenta la più grande area umida interna italiana ed è il risultato di una lunga storia di interventi umani legati a ricorrenti necessità sanitarie, strategiche ed economiche. La caratteristica “tecnica” che nel corso tempo ha reso interessante questa area è che i bacini naturali pur essendo alimentati da numerosi corsi d’acqua, come la Pescia, la Nievole, la Borra e il Vincio oltre a molti altri di minore importanza, ha, tuttavia, un solo emissario: l’Usciana. La particolarità di avere completo controllo sui flussi delle acque intervenendo su un unico canale ha facilitato la gestione dei livelli spostando, nel tempo, il dibattito da un piano tecnico ad uno più politico ed economico.

Le origini del Padule di Fucecchio risalgono alla preistoria, un’epoca in cui il territorio aveva una conformazione molto diversa da quella odierna. Durante il Pleistocene, i movimenti tettonici e le variazioni climatiche modificarono significativamente la morfologia dell’area, dando origine a depressioni naturali che, nel corso del tempo, si riempirono d’acqua. 

Una delle prime testimonianze scritte si ha con l’autore latino Tito Livio che nella sua opera Ad Urbe Condita racconta di come il grande condottiero cartaginese Annibale tentò di passare l’Appennino nell’inverno del 218 a.C. con il suo esercito durante la Campagna d’Italia della Seconda Guerra Punica (218-202 a.C.). Venuto però a conoscenza che l’esercito romano lo stava attendendo ad Arezzo, il centro più importante dell’Etruria, il comandante scelse la via più breve che si snodava “attraverso le paludi, dove il fiume Arno era straripato in quei giorni più del solito“, evitando così affrontare le legioni che nella zona di Rimini presidiavano la via adriatica. La decisione di passare da questa area estremamente umida costò la vita della maggior parte soldati che per numerosi giorni vissero in condizioni inospitali; gli scritti raccontano che lo stesso Annibale, cavalcando l’ultimo elefante sopravvissuto alla traversata, a causa della stanchezza, delle condizioni climatiche e dell’umidità contrasse un’infezione all’occhio destro che lo portò alla semicecità.

Nel periodo che divide questo episodio dal XII secolo il Padule rimase fondamentalmente una zona acquitrinosa, paludosa e potenzialmente malsana. Per questo motivo le popolazioni che nel frattempo si insediarono nel territorio, al fine di evitare le malattie, occuparono le zone collinari circostanti dando vita ai borghi medievali, ancora oggi molto affascinanti, di Montecatini Alto, Massa, Cozzile, Uzzano Castello, Buggiano Castello, Monsummano Alto, Montevettolini, Larciano Castello.

Pianta del lago-padule di Fucecchio e delle fattorie circostanti tra Valdinievole, Altopascio e Ponte a Cappiano, 1750. (Castore cartografia storica regionale)

I primi interventi di modifica da parte dell’uomo di cui si ha traccia risalgono al 1279, quando la Repubblica di Lucca, che all’epoca comprendeva la Valdinievole e l’area del Padule di Fucecchio, ordinò la rimozione degli ostacoli sul Canale Usciana per consentirne il regolare deflusso delle acque, che avrebbero altrimenti allagato i territori del Valdarno, e scongiurare “l’infezione dell’aria”. In realtà il controllo degli allagamenti non era l’unico motivo: i detriti, infatti, ostacolavano anche la navigabilità di questo fiume che era ormai diventato snodo cruciale del sistema viario di collegamento tra la Valdinievole e il Valdarno inferiore e addirittura, attraverso l’Arno, con Pisa e Firenze.

Seguirono periodi incerti in cui le esigenze strategiche militari portarono ad aprire e chiudere i flussi in modo alterno fino a quando, in pieno Rinascimento nel 1548, Cosimo I de’ Medici ordinò con decreto la chiusura del fiume Usciana allo scopo di realizzare un grande lago di pesca. Purtroppo, l’esito non fu quello sperato e “…l’acqua venne ad infettare l’aria all’interno, e gli abitanti de’ luoghi cominciarono a diventar gonfiati e gialli et in pochi dì cadevano morti: onde si mossono a chieder misericordia la Duca. E poco dopo vi morirono poco più che due terzi delle genti circonvicine”. Era ovvio che questa decisione scontentasse tutti.

Si continuò quindi alla vecchia maniera e per questo motivo tra il 1430 e il 1550 si decise di abbassare e rialzare almeno cinque volte il livello delle acque con i contadini che vedevano sommerse le proprie colture a favore dei pescatori del Valdarno e viceversa. Nel 1550 la scelta di Cosimo I de’ Medici di chiudere definitivamente lo sbocco in Arno del padule in zona Ponte a Cappiano con il “Bando per rassettare il lago di Fucecchio” ebbe come conseguenza la trasformazione della Valdinievole in una palude acquitrinosa, focolaio di zanzare e malattie malariche.

Il padule di Fucecchio e la sua rete idrografica, Ciaccheri Giuliano, XVIII sec. (Castore cartografia storica regionale)

Nel decennio 1740-1750, il Granduca Francesco I di Lorena intraprese un’iniziativa per affrontare il problema delle aree paludose. La sua soluzione fu la creazione dell’Antifosso di Usciana, un canale di scolo progettato per ridurre il flusso d’acqua nel canale principale. Questo intervento, pur non bonificando completamente le zone paludose, mirava a migliorare la situazione idrica della regione.

Lo seguì, nel 1781, Pietro Leopoldo I di Lorena che in cerca di una soluzione decisiva per la gestione del territorio istituì una “Deputazione”, coinvolgendo direttamente i proprietari terrieri locali nella pianificazione degli interventi idraulici che venivano proposti dagli esperti. Questa iniziativa fu motivata dalla devastante epidemia di malaria dell’anno precedente, che aveva evidenziato l’urgenza di non procrastinare ulteriormente la gestione del deflusso delle acque e la manutenzione della vegetazione palustre che lo ostacolava.

Tuttavia, l’ambizioso progetto del Granduca si scontrò con la realtà economica: nel 1783, appena due anni dopo la sua creazione, la Deputazione fu sciolta a causa dei contributi finanziari richiesti ai proprietari terrieri, che si rivelarono insufficienti per sostenere le necessarie opere di bonifica e manutenzione.

Pietro Leopoldo, tuttavia non si arrese, aveva compreso che non esisteva un’alternativa e che il Padule poteva essere regolato solo attraverso un coinvolgimento collettivo. Di conseguenza, il 4 febbraio 1786, istituì una nuova Deputazione tramite un rescritto granducale; rappresentava la prima forma di consorzio idrico moderno e consentiva ai proprietari di gestire autonomamente i propri possedimenti, pur rimanendo sotto la supervisione dell’autorità pubblica. Questo atto segnò l’inizio della manutenzione istituzionalizzata del Padule.

Il processo evolutivo culminò nel 1803 con la creazione del “Consorzio coattivo dei proprietari dei terreni del Padule di Fucecchio”. Questa entità ottenne il riconoscimento definitivo nel 1931, quando fu ufficialmente denominata Consorzio di Bonifica.

Oggi il Consorzio di Bonifica del padule di Fucecchio si occupa di manutenzione idraulica, prevenzione del rischio alluvionale e tutela ambientale. I suoi compiti includono la gestione dei corsi d’acqua, la difesa dall’inquinamento, e la conservazione dell’ecosistema ed è finanziato, tramite un contributo di bonifica, da tutti quei proprietari di immobili che ricevono beneficio dall’operato del Consorzio.

Skip to content